23 settembre 2025

Stereogramma


Stereogramma


Avete mai provato se riuscite a vedere in  queste foto particolari, l'oggetto nascosto

 in dimensioni 3D?

Per me queste sono come una sfida personale, provo e riprovo finché non riesco.

I miei hanno provato e non ci sono riusciti.

e voi? 

se riuscite a vedere  qualcosa

scrivetelo  nei commenti.



La visione nascosta tridimensionale, detta anche stereogramma, è un'illusione ottica che svela un'immagine tridimensionale da una rappresentazione bidimensionale, richiedendo una tecnica visiva per far sovrapporre i motivi e ingannare il cervello. Per vedere l'immagine, avvicina il viso all'immagine fino a renderla sfocata, poi allontanala lentamente fino a quando i motivi iniziano a sovrapporsi, facendo emergere la forma 3D.

19 settembre 2025

Eleonora Duse






Eleonora Giulia Amalia Duse


(Vigevano, 3 ottobre 1858 – Pittsburgh, 21 aprile 1924)
è stata un'attrice teatrale italiana.


Soprannominata la divina, è considerata la più grande attrice teatrale della sua epoca è una delle più grandi di tutti i tempi, simbolo indiscusso del teatro moderno, anche nei suoi aspetti più enfatici da diva; il critico contemporaneo Hermann Bahr la definì «la più grande attrice del mondo».
Acclamata compì tournée all'estero recitando sempre in italiano.






Metodo recitativo e rivoluzioni della "Divina"

Eleonora Duse caratterizzò il teatro moderno perché ruppe totalmente gli schemi del teatro ottocentesco, divenuto ormai incombente su una società del tutto nuova e diversa.


Eleonora Duse in Antonio e Cleopatra, 1888 circa

Il metodo recitativo di Eleonora si basava molto sull'istinto: per la Duse recitare era infatti un avvenimento naturale e spesso improvvisava, a volte camminava lungo il palcoscenico e gesticolava, poi si sedeva e cominciava a parlare. Altre volte, nelle scene dove doveva esprimere forte dolore, si aggrappava alle tende del sipario e piangeva disperatamente. Grazie a questi suoi atteggiamenti molto incisivi l'attrice recitò in molti Paesi ma sempre in lingua italiana: anche quando il pubblico non comprendeva le sue parole, intendeva ciò che ella sapeva esprimere.

A testimonianza di ciò, il drammaturgo russo Anton Čechov scrisse di lei alla propria sorella:

«Ho proprio ora visto l'attrice italiana Duse in Cleopatra di Shakespeare. Non conosco l'italiano, ma ella ha recitato così bene che mi sembrava di comprendere ogni parola; che attrice meravigliosa!»

(Anton Čechov)


Eleonora Duse fu apprezzata anche da Stanislavskij, il quale affermò di essersi ispirato all'attrice italiana per la creazione del Teatro d'arte di Mosca.


La Divina (come venne poi soprannominata Eleonora Duse, prima da Gabriele D'Annunzio e poi dal suo pubblico) sul palco era invece quanto più naturale possibile. La Duse non si truccava mai, né a teatro, né nella sua vita privata, ed era molto fiera dei suoi lineamenti marcati, per nulla in linea con i canoni estetici dell'epoca.


Ritratto di Eleonora Duse

Consapevole di questo, accentuò sempre di più negli anni il suo metodo, il suo modo personale di recitare ma mai di fingere, innovativo e anticonformista, a partire da atteggiamenti all'epoca molto provocatori, sfrontati, come le mani sui fianchi, i gesti ossessivi, lo sguardo fisso nel vuoto. Una sua caratteristica particolare era quella di muovere molto le braccia quando recitava e rendere il corpo protagonista dello spettacolo, insieme con la voce, che non aveva mai toni ridondanti e che colpiva proprio per la sua naturalezza e la sua spontaneità. A volte, Eleonora sussurrava, ripetendo la stessa parola diverse volte, una parola che riteneva fondamentale per il suo personaggio.


Il suo stile era inconfondibile, e questo fu testimoniato da molti che la videro, come l'attrice Adelaide Ristori, che nel 1897 sottolineò la grande modernità della Duse.


Eleonora Duse (Vittorio Matteo Corcos).

Inoltre, come lei stessa affermò e com'era evidente dai suoi spettacoli, la Duse sentiva molto intensamente tutto ciò che recitava, spesso sovrapponendo alla recitazione modi e sentimenti della sua vita personale. Infatti, è ben noto che dopo aver subito un tradimento dal marito Tebaldo Checchi (che aveva intrecciato una relazione con l'allora giovanissima attrice Irma Gramatica), Eleonora, mentre stava recitando "La principessa di Baghdad" di Alexandre Dumas (figlio), mostra il seno nudo in scena, slacciandosi il corsetto.


«Le donne delle mie commedie mi sono talmente entrate nel cuore e nella testa che mentre m'ingegno di farle capire a quelli che m'ascoltano, sono esse che hanno finito per confortare me.»

(Eleonora Duse riferendosi al rapporto che aveva con i suoi ruoli)


Fu subito scalpore, anche perché gli spettacoli di Eleonora avevano sempre grande successo e tra la folla del pubblico c'erano quasi sempre molti giornalisti, quindi la stampa lo venne a sapere subito. In seguito Irma Gramatica tenterà addirittura il suicidio, mentre Checchi andrà in Sud America e il matrimonio con Eleonora si chiuderà.


Spesso, sia sul palcoscenico sia fuori dalla scena, la Duse congiungeva le mani e intrecciava le dita, poi sollevava gli indici e li conduceva alla bocca, sfiorandosi le labbra in un'attitudine pensosa e molto delicata.

Recitò con passione e sentimento sino alla fine della sua vita e si esibì per l'ultima volta il 5 aprile 1924 a Pittsburgh. Quella sera aveva la febbre molto alta e la tosse, aggravata dalla sua malattia ai polmoni.


La Divina Duse non disdegnava il viola nell'abbigliamento, colore invece abolito dalle persone di spettacolo, specialmente nel suo tempo.


«Senza la donna non va niente. Questo l'ha dovuto riconoscere perfino Dio.»

(Eleonora Duse)

«Il fatto è che mentre tutti diffidano delle donne, io me la intendo benissimo con loro! Io non guardo se hanno mentito, se hanno tradito, se hanno peccato - o se nacquero perverse - perché io sento che hanno pianto, - hanno sofferto per sentire o per tradire o per amare... io mi metto con loro e per loro e le frugo, frugo non per mania di sofferenza, ma perché il mio compianto femminile è più grande e più dettagliato, è più dolce e più completo che non il compianto che mi accordano gli uomini.»

(Eleonora Duse)

Fonte: Wikipedia

17 settembre 2025

La preghiera più bella


 La preghiera più bella

Dio, dammi  per oggi la fede

per andare avanti,

la grandezza d'animo per perdonare,

la pazienza per comprendere e saper aspettare,

la volontà per non cadere e la forza per rialzarmi

se ho inciampato.

 

Amen

Papa Francesco




 Avere fede
non significa  non avere momenti difficili
ma avere la forza di affrontarli
sapendo che non siamo soli.

Franco Battiato - Passacaglia



 Testo della canzone per poterlo tradurre.

Passacaglia

Ah come t’inganni
se penso che gli anni
non han da finire
è breve il gioire
i sani e gli infermi
i bravi e gli inermi
è un sogno la vita
che passi gradita

Vorrei tornare indietro
per rivedere il passato
per comprendere meglio
quello che abbiamo perduto
viviamo in un mondo orribile
siamo in cerca di un’esistenza

La gente è crudele
e spesso è infedele
nessun si vergogna
di dire menzogne
i giovani putti
e gli uomini tutti
non vale il fuggire
si plachi l’ardire

Vorrei tornare indietro
per rivedere gli errori
per accelerare il mio processo interiore
però in quinta elementare
entrai per caso nella mia esistenza

Franco Battiato



Robert Redford



 


Il lonfo



 Il Lonfo

Il Lonfo non vaterca né gluisce

e molto raramente barigatta,

ma quando soffia il bego a bisce bisce

sdilenca un poco e gnagio s’archipatta.


È frusco il Lonfo! È pieno di lupigna

arrafferia malversa e sofolenta!

Se cionfi ti sbiduglia e ti arrupigna

se lugri ti botalla e ti criventa.


Eppure il vecchio Lonfo ammargelluto

che bete e zugghia e fonca nei trombazzi

fa lègica busìa, fa gisbuto;

e quasi quasi in segno di sberdazzi

gli affarferesti un gniffo. Ma lui zuto

t’alloppa, ti sbernecchia; e tu l’accazzi.

Fosco Maraini


Il grande maestro  GIGI PROIETTI 



La semantica

è quella parte della linguistica che studia il significato delle parole.

Degli insiemi delle parole. Delle frasi e dei testi.


La metasemantica, nell’accezione proposta da Fosco Maraini, va oltre il significato delle parole e consiste nell’utilizzo di parole prive di referente, ma dal suono familiare alla lingua a cui appartiene il testo stesso e della quale deve seguire comunque le regole sintattiche e grammaticali della lingua italiana. Dal suono e dalla posizione all’interno del testo si possono attribuire significati più o meno arbitrari a tali parole.


Questa tecnica letteraria è stata interamente inventata e teorizzata proprio da Maraini e consiste nell’utilizzo di parole prive di significato, ma dal suono familiare alla lingua cui il testo appartiene (nel nostro caso, ovviamente, l’italiano).


Sono, quindi, termini privi di referente linguistico, ma comprensibili perché costrette a seguire le stesse regole sintattiche e grammaticali della lingua del contesto generale.


Il significato – in realtà non ufficialmente codificato – può essere desunto da tali regole, ma anche dal suono delle parole, spesso evocativo oppure onomatopeico, dalla loro posizione all’interno di una frase, ma si tratta di un significato attribuito assolutamente a livello personale.


Al giorno d’oggi sono molti i poeti, soprattutto a carattere amatoriale e nella poesia dialettale, che fanno uso della metasemantica.


Fosco Maraini è stato innanzitutto un poeta, geniale come abbiamo visto, e padre di Dacia Maraini, anche lei insigne scrittrice. Ma fu anche uno scultore, un etnologo specializzato nelle civiltà orientali, un intellettuale…


Irresistibilmente attratto dall’Oriente, s’imbarcò nel 1934 sulla Amerigo Vespucci diretta in Africa del nord e Anatolia come insegnante d’inglese. Nel 1937 partecipò a una spedizione in Tibet che ripeté anche undici anni più tardi. Conosciute, infatti, sono le sue fotografie delle catene montuose del Kakarakorum e dell’Hindu Kush, finché non si trasferì stabilmente in Giappone dove fu ricercatore all’università di Kyoto e di Sapporo e dove nacquero le altre due sue figlie.


Come t’invento una lingua

Quella della poesia metasemantica è, in definitiva, una lingua inventata che si gioca il tutto per tutto sull’aspetto evocativo basato sull’elemento uditivo.


In questo modo parole astruse assumono forme, colori, suoni… ma non basta inventare parole, bisogna pensare anche alla grammatica e alla sintattica per creare ex novo una lingua!


Ora, la metasemantica questo non lo fa, ma ci sono stati esperimenti che hanno osato ben oltre. Si pensi all’esperanto o al quenya (la lingua degli elfi inventata da Tolkien in Il signore degli anelli).


In entrambi i casi si è partiti da lingue conosciute (una o più di una) e si sono deformate le desinenze e le parole, trasformandone di fatto la musicalità, un po’ come si faceva da bambini parlando al contrario o cercando di cantare le canzoni in un maccheronicissimo inglese ottenuto sparando parole a caso che però rispettassero la metrica della canzone.


Per dovere di cronaca, esistono anche lingue inventate che non poggiano su nessuna base “conosciuta” e che alimentano la tecnica del nonsense. È il caso del grammelot – diffuso da Dario Fo – che confonde l’uditore facendogli credere di trovarsi davanti a una lingua conosciuta che gli risulta, invece, incomprensibile. Molto usato dagli attori in diversi contesti, in genere viene pronunciato rapidamente e accompagnato da gesti molto eloquenti che suppliscono alla comprensione linguistica.


E PER RIDERE UN POCO


TU  NO  RIDE